Questi giorni sono stati un po' agrodolci: la figlia del fiume ed io stiamo per separarci e per circa un mese dovremo fare a meno l'uno dell'altra, ci rivedremo solo a ridosso di Natale.
Come c'era da aspettarsi, il livello di affetto, coccole e dolcezza e' salito a mille, una roba da rischiare carie e diabete. Ne sono, in effetti, molto felice (essendo io il re della smanceria).
Un interessante sottoprodotto dell'innalzato livello di affetto e' stato la nascita di una sorta di "tradizione istantanea", ovvero di una cosa cominciata per caso e che poi a furor di popolo si e' ripetuta nei giorni successivi.
Tutto ebbe inizio nella notte dei tempi, tre giorni fa: eravamo a letto pronti per dormire ed io, preso da un'impeto di amore, mi sono infilato sotto le coperte, mi sono fatto strada fin verso le morbide estremita' della mia bella ed ho cominciato a coprirle di bacetti e carezze.
E' stato strano e catartico: essere al buio, vicinissimo all'oggetto di un desiderio di cui un po' mi vergogno, senza vedere niente, senza sentire niente, solo caldo e pelle e trasporto...
La figlia del fiume ha abbastanza apprezzato l'esperienza. A dirla tutta ha apprezzato cosi' tanto da chiedermi, il giorno dopo, di ripeterla. E il giorno dopo ancora. Stasera, nostra ultima notte assieme, sara' la quarta volta.
Situazione interessante: non e' qualcosa di espressamente sessuale, ma non e' neppure una coccola innocente. E' fatta con amore, ma soggiace un trasporto decisamente carnale.
Ieri sera l'ho attesa gia' in posizione, infilato completamente come un baco ai piedi del letto, sotto le coperte: attendevo al buio, paziente, mentre l'aria si riscaldava. Attendevo che lei arrivasse, che si infilasse in quel bozzolo scuro. Credo che Freud ci andrebbe a nozze: la similitudine con l'utero materno, il desiderio che sposta il proprio mezzo di trasmissione dalla vista all'odore ed al sapore, non potersi ne' volersi parlare.
E comunque e' stato proprio divertente.
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