domenica 25 ottobre 2009

A spada tratta/2


[continua dal post precedente]

E quindi eccoci qui: io incappucciato e quindi privato dell'uso della vista, nudo nelle parti importanti, eccitato e spaventato. Lei solida, armata di tutto punto del nuovissimo strapon, e decisamente piena d'iniziativa.
La paura e' che pieno, tra un po', lo saro' anch'io...

Realizzo ora di aver dimenticato di dire una cosa nello scorso post, senza la quale non si puo' capire la continuazione di questo. Capita che una delle cose che ho "confessato" e' stata di essermi masturbato una sera, stando sveglio fino a tardi a guardare porno su internet. Con la Figlia del Fiume abbiamo gia' affrontato piu' volte l'argomento, e lei mi spinge costantemente a vivere con serenita' la mia sessualita', senza farmi troppe menate. Quindi il problema non e' l'atto in se' - di cui pare non importargliene poi molto - ma il mio senso di colpa. Mi fa quindi mettere in ginocchio, e accarezzandomi la testa, mi fa confessare tutto: su quali siti sono andato, che tipo di porno ho guardato, se mi sono toccato, se ho avuto un orgasmo. Figuriamoci: ero rosso di vergogna (ma tanto non si vedeva sotto al cappuccio). Fattasi spiegare il tutto, si accomoda sul divano, la sento pitoccare sul computer, e dopo poco parte l'audio di uno dei porno che avevo confessato di aver guardato. Questo, per la precisione. Mi sarei seppellito.
E quando mi ha di nuovo guidato la bocca verso lo strapon mi sono quasi sentito meglio, che avevo qualcosa da fare e cercavo di non pensare alla situazione.

Poi tutto finisce, e in un attimo sono a terra, con lei che mi cammina intorno: sento i passi attutiti dal tappeto, che pero' suonano strani per essere fatti da piedi avvolti in calzettoni (dai, siamo seri, davvero pensate che le mistress indossino solo calze a rete?) Pero' c'e' qualcosa che non torna, e l'improvvisa lama gelida sul mio petto mi da' conferma: sempre approfittando della mia momentanea cecita', la Figlia del Fiume ha indossato di nascosto un paio di scarpette, ballerine di raso lucido, comprate qualche tempo fa proprio con intenzioni di gioco (si', siamo un po' sessuomani). Scarpette carine, poco impegnative, dal tacchetto basso e comodo (primo passo verso dei tacchi propriamente detti, come spieghero' forse in un prossimo post), e dalla suola gelida. Non so che materiale sia, probabilmente il ghiaccio del palazzo della regina cattiva, o forse sono state forgiate con la fredda anima dei tiranni. Non saprei. Fatto sta' che caccio un urlo. E lei ride, la stronza!
E poi ricomincia a girarmi intorno. Avete presente gli squali? Ogni tanto riappoggia il dissennante piedino, ogni tanto pianta il tacco: piano, senza cattiveria. Solo che quando lo fa direttamente sul mio povero pistolino ricaccio un urletto, e non per il freddo ovviamente.

Nota di colore: la sensibilita' del pene e' una cosa strana. Del mio, almeno. Assolutamente irregolare, sembra che ci siano - almeno sull'asta - pochi recettori sensoriali, mentre quelli rispettano il tabellino di marcia e stanno al loro posto. Risultato pratico: sento poco ed in maniera approssimativa i contatti, i tocchi, le cose di fino, e quando c'e' qualcosa mi fa male tutta la fase del dolore che sale me la perdo: di colpo arriva il dolore, come se facesse un salto. Mi ha piantato il tacco (piano) ed il risultato e' stato: niente, niente, niente, niente, oddiomuoio!

Il calpestamento e' un mio feticcio. Si', lo so, ho poca fantasia ed e' una cosa estremamente comune, quasi dozzinale. E allora?
Lei lo sa ma, vivendo (erroneamente) nell'insicurezza di essere grassa, affronta la cosa con tensione, non godendosela. Vabbe', con calma aggiustiamo tutto: ho pure cominciato ad andare in palestra apposta, cosi' se mi vede un po' meno magrolino magari si tranquillizza.
Tutto questo per dire che mi palpugna un po', tastando il terreno, ma poi si allontana. Ed io, di nuovo, mi do per spacciato, sapendo cosa le penzola dal pube.
"Pensi di esserti meritato un orgasmo?"
La domanda mi coglie di sorpresa, inaspettata come una cacca di piccione. Si'? No? Cosa vuole che risponda? E se e' una trappola?
"Ehm... non so...?"
Non so quale fosse la risposta giusta, ma questa pare sbagliata: indispettita replica "Per punire la tua indecisione, facciamo decidere al caso: pari o dispari?"
E dopo il mio stentoreo "dispari" la sento che lancia qualcosa. Uno dei dadi che stanno sulla mensola li' vicino, scopriro' poi.

Perche' non ho risposto subito un chiaro "Si'"? Io, ovviamente, un orgasmo lo volevo. Ma volevo anche che continuasse, che mi trattasse male, che mi facesse implorare per averlo. Ma ovviamente lei non mi legge nella testa. E poi la devo smettere di pensare a quello che vorrei che lei facesse.

Comunque esce 9, dispari: si vede che era destino. Io sono ancora a terra, lei si avvicina e mi leva il cappuccio: la luce mi assassina, ma solo per un istante, facci giusto in tempo a vedere la rotonda, morbida, invitante sagoma del suo fondoschiena che cala sul mio viso, risprofondandomi inesorabilmente nel buio. E che buio!
La risento che paciuga al portatile (che doveva aver avvicinato senza che me ne accorgessi) e mi dice, all'incirca: "Io non ho intenzione di toccarti, fai tu. Hai due minuti e trentotto per venire, e se non ce la fai ci saranno delle pessime conseguenze."
Argh. Il mio primo pensiero e' stato, appunto, argh.
Poi mi sono toccato il pisello e ho capito che con un po' d'impegno avrei potuto fare anche in due secondi e trentotto.
Capitemi: eccitazione, stimoli sensoriali vari, la psiche in cortocircuito, la paura per l'intrusore.
L'intrusore, appunto: mi vuole prendere dopo che sono venuto? Ma e' pazza? Sara' terribile, sara' crudelta' pura!

Pondero la questione e cerco di far passare qualche secondo in piu', che se vengo subito pare brutto. Duro in totale trenta secondi: mentre il mio orgasmo esce mi aspettavo un suo commento, una risata, un qualcosa. Invece niente, sta zitta. E dire che e' stato un signor orgasmo, copioso e pervasivo.
Poi pero' non si trattiene piu': "Beh, non ti ci e' voluto molto", e mentre lo dice ride. Si solleva e si siede accanto, mi guarda e mi pare bellissima. Da mozzare il fiato, come al solito.
"La sessione e' finita."
Come, niente intruso d'amore?
"Oggi volevo spaventarti un po'. La prossima volta, magari..."

Peccato, un po' ci speravo :-P

giovedì 22 ottobre 2009

A spada tratta

"Adesso ti metti faccia al muro, all'angolo, e pensi alle tue malefatte di questa settimana."
Cosi', a ciel sereno e senza particolare motivazione. Mi prende di sorpresa, e data la mia proverbiale attitudine al contropiede, accetto senza fiatare.
La sento appena, nell'altra stanza, che traffica. Quando mi arriva alle spalle diventa tutto nero: mi mette il cappuccio ed il mio primo pensiero e' terribile: "non mi sono tagliato i baffi, si vedranno dall'apertura della bocca, devo essere bruttissimo!"
Si', perche' noi abbiamo il melodramma nel sangue.
"Allora, ci hai pensato? Su, dimmi un po'."
Pensarci, a dire il vero, ci ho anche pensato. Che poi, essendo il primo dei miei detrattori, qualcosa da appuntarmi se guardo il mio operato lo trovo sempre: una frase detta con troppa schiettezza e che potrebbe averla offesa, isole di cazzeggio conquistate con relativi sensi di colpa, circonlocuzioni cerebrali complicatissime e peripatetiche. Salvo poi che lei intendeva che non avevo lavato i piatti.
E comunque era una scusa (anche se i piatti ogni tanto li ho saltati per davvero), perche' si vedeva una cosa, di quelle che mi riempiono di gioia: si vedeva che anche lei aveva voglia di giocare, che per me e' sempre un turn on.
E poi mi si appoggia. Avete presente, no? Di solito ad andare "in appoggio" e' l'uomo, che se rispetta le normative europee in materia, qualcosa da far sentire durante l'appoggio ce l'ha. Ecco, ce l'aveva pure lei.
Trattasi del nuovo, fiammante, ed un tantinello temuto, strapon! Oggetto acquistato via internet assieme al altri giocattoli da pervertiti, e' costituito da struttura di tessuto, comoda e sicura, iper regolabile, piena di cinghie, ganci e puleggie (in effetti il risultato fa un po' imbragatura da arrampicata, con buona pace per Reinhold Messner) e, ovviamente, il fallico dong. Che chissa' perche', se e' da usare a mano si chiama dildo e se e' da indossare si chiama dong.
Siamo stati cauti nell'acquisto, ed in effetti la vista dell'intrusore non e' poi cosi' spavenetevole: azzurrino, curvo, piccolino e morbidello.
Finora l'oggetto della disquisizione era comunque rimasto a riposo nell'armadio, buono buono a svernare. Salvo che la Figlia del Fiume si e' ritrovata in vena di spaventarmi.

Sentirmi il coso appoggiato ai lombi fa un certo effetto. Sotto alcuni punti di vista e' un po' rassicurante, diciamo che da' delle certezze. Sotto altri punti di vista, invece, no. Probabilmente proprio a causa delle suddette certezze.
Devo dire che almeno, avendo il cappuccio in testa (che impedisce di vedere, ma non blocca l'accesso alla bocca) quando ha richiesto un pompino non mi sono neanche tanto imbarazzato. Stare in ginocchio davanti a lei (se vogliamo potremmo dire "dall'altra parte del pisello") e' stato... qualcosa. Mi sono sentito in balia, ma anche qualcos'altro: lo stavo facendo per lei, nonostante fosse impegnativo e non ne provassi piacere. Lo facevo perche' me lo chiedeva, ed io accettavo il mio ruolo.
(ok, probabilmente ho troppo in testa le cose che sto leggendo in questi giorni sullo scambio di potere)
Fatto sta che mi sono sentito bene. Volevo dimostrarle quanto ero bravo, quanto riuscivo a trattenere il fiato e ad accoglierlo in gola. Non che fosse poi molto, o molto difficile: e' davvero un cazzillino, morbido e flessibile. Ma comunque mi ci sono impegnato, ed ogni tanto tossivo ed avevo i conati di vomito. Si', come nei porno.

Ad un certo punto mi ha fatto mettere sul divano a pancia in giu', steso attraverso il bracciolo. E li' ho pensato ecco, ci siamo, adesso mi incula.
E invece no, mi ha solo sculacciato. "Solo" per modo di dire, dato che in questi mesi in cui non ho scritto il nostro armamentario di giocattoli si e' arricchito anche di un paddle vero, di legno scuro e decisamente pesante. E pensare che ho insistito io per prenderlo, che coglione che sono a volte.

Diversamente da altre occasioni, la Figlia del Fiume era questa volta decisamente dinamica: sul divano, appoggiato al muro, in piedi. La melodia di base e' rimasta comunque la stessa. Soprattutto il ritmo, diciamo, aveva un che di ossessivo ed incalzante. Ciak ciak.

Ad un certo punto stavo anche un po' partendo di testa: mi stava picchiando con "solo" le mani, con quei colpi profondi e che rimbombano che mi fanno rapidamente abbandonare i lidi della coscienza verso altri, piu' ignoti orizzonti. Ma non mi ci ha fatto arrivare, la stronza, che aveva altri piani.

[continua nel prossimo post]