mercoledì 25 febbraio 2009

E questo lo chiami vanilla?

In effetti è cominciato in una maniera così irrealistica, che quasi faccio fatica a parlarne.
In tutti questi anni di feticismo teorico (molto) e pratico (una miseria) ero giunto alla conclusione che l'attrazione per i piedi, e per l'atto oro-podologico in generale, è in buona sostanza una fantasia unilaterale: finchè si tratta di film porno, la ragazza di turno spasima perchè il belloccio posi la sua linguezza in zona plantare, ritrovandosi irrimediabilmente eccitata e sul punto di raggiungere incredibili vette di piacere.
La realtà mi dice che questa è una visione un tantinello gonfiata: finora le mie cosiddette esperienze di foot worship erano sempre partite da un mio desiderio, ed il massimo ottenuto era stata un'affettuosa condiscendenza.
Questa volta invece, ha chiesto lei.
Eravamo da me a coccolarci, c'era una certa tensione sessuale (ovvio), ma nessun indizio. E lei se ne salta su, a ciel sereno, chiedendo: "Mi lecchi i piedi?"
Ok, giuro che è vero. Ed infatti le devo aver fatto una faccia certo felice, ma anche perplessa. Del tipo: uh?
E lei si giustifica: eeeeh...
Grandi dialoghi, non c'è che dire.
Comunque, non contenta, o forse volendo proprio sbancare il botteghino, non solo si fa inumidire per bene, ma prende parte attiva, ride, se la gode. Poi a un certo punto comincia anche a fare avanti e indietro, dentro fuori, insomma, a scoparmi la bocca coi piedi. E io vado in tilt.

Io impazzisco perchè l'oggettificazione, la passività, l'uso del corpo dell'altro, sono tutti argomenti caldi per me, mi eccitano al pensiero, a guardarle, a sentirne parlare. Ergo, essendoci in mezzo.
A quel punto c'è stato un breve istante in cui, indipendentemente dalla richiesta, avrei fatto qualunque cosa. E così mi sono trovato - non che mi lamenti - con la testa tra le sue cosce.
Fin qui, niente di nuovo. È una cosa che mi piace fare, ma quello credo un po' tutti. Questa volta però credo che il suo obiettivo fosse razionalmente quello di ridurmi ad una pappetta emotiva, perchè in un attimo mi sono trovato letteralmente la faccia assaltata, invaso dai suoi umori, immobilizzato e costretto, indipendentemente dalla mia volontà. Non che non volessi, ma mi ero lasciato ogni possibilità di fuga ormai alle spalle.
All'inizio leccavo. Mano a mano che la cosa si surriscaldava non ho potuto fare altro che tenere la lingua in fuori il più possibile - che non è molto... :-D - e cercare di raccattare un po' quel che passava. Che tanto passava un sacco di roba.
In questi casi - no, diciamo in casi simili, perchè così non era mai davvero successo - ad un certo punto lei ha voglia di essere penetrata, e me lo chiede abbastanza esplicitamente. Allora io, rassegnato e ligio al dovere, mi smutando e scendo l'asso di bastoni. Questa volta invece mi ha fatto usare le mani: niente di "estremo", ma secondo me una svolta importante: si è presa il suo piacere, accettando serenamente che fossi lì per lei, a darglielo, senza sensi di colpa, senza problemi di ineguaglianza.

Quando abbiamo finito avevo la faccia morbida, il suo sapore addosso - l'ho conservato nei baffi per tutta la giornata - ed ero incredibilmente felice. Di più, appagato: non che non la desiderassi, ma era calato un velo, un senso di compiutezza, e mi sentivo rasserenato.

giovedì 19 febbraio 2009

Prove tecniche di sottomissione

Abbiamo giocato in maniera nuova, calcando la mano sull'aspetto della dominazione, sul mio abbandono e sulla sua capacità di prendere il controllo della situazione.
È cominciato tutto in uno scenario domestico molto dolce, di una dolcezza che non ci ha abbandonati in seguito, ma che non solo non ha disturbato, ma ha amplificato forse le emozioni vissute.
È cominciato con il tempo: dalle dieci meno venti alle dieci e venti, per quaranta minuti avremmo giocato la nostra prima "pillola sm", ovvero un tentativo di goderci i nostri incontri con intensità ma senza prenderla troppo sul serio.
Le consegne iniziali sono semplici: devo lavare i piatti e pensare alle mie passate mancanze al calendario (di cui parlerò in futuro). Mentre svolgo le faccende lei è lì seduta, alle mie spalle, che legge e mi osserva sottecchi. Lo sento che mi guarda, potrei giurare che sorride, ed è una sensazione strana, che ha il potere di calmarmi ed eccitarmi insieme.
Finisco e mi scappa pipì (eh, vabbè). Lei non si scompone e mi dà un minuto per la faccenda, sforo di qualche secondo ma senza conseguenze apparenti.
Entriamo poi in camera da letto, e lì mi rendo conto di quanto stia prendendo seriamente la cosa: la vedo concentrata, non saprei dire se tesa, ma sicuramente presente. È forse il segnale che aspettavo: da lì mi lascio andare.

Comincia con una certa affettazione, si fa togliere le scarpe giocando col mio feticismo e stuzzicandolo senza tuttavia lasciare che divenga centrale o che mi distragga. Ha però l'effetto di mettere in moto in miei sensi e farmi sentire, oltre che concentrato, surriscaldato.

Gli schiaffi sono dolci: dovevano essere una punizione, ma un po' per buon cuore, un po' perchè non abbiamo molta esperienza in materia, mi sono preso qualche buffetto. Giusto gli ultimi due cominciavano a farsi sentire.
Eppure non mi hanno lasciato insoddisfatto: mi sentivo a posto, lì in ginocchio, a prendermi le sberle. E l'importante era prenderle, non l'energia cinetica che mi trasmettevano.

Sull'intenso momento del debrufoling glisserei, per pietà del lettore e della mia schiena. (ma perchè voi ragazze avete questa mania?)

E poi le sculacciate, mentre la sentivo addosso e non vedevo altro che i suoi polpacci abbarbicati, ed ancora, la ramanzina tenendomi a cuccia, sento la sua voce dall'alto ma il mio campo visivo è limitato ad un fazzoletto di pavimento ed ai suoi piedi vivi che fanno la ronda intorno a me.

Alla fine mi mette faccia al muro (correggi: all'armadio, per assenza di spazio) e sto qualche minuto solo coi miei pensieri. Ho voglia di piangere.
Ho voglia di piangere perchè sento che quel nodo di nervosismo, stress, paure, incertezze, quella palla di colla che mi porto dietro si sta sciogliendo. O almeno, si sta intaccando.
Ovviamente non piango. È un processo lungo e siamo giusto all'inizio del sentiero. Lei è di una dolcezza traboccante, non riesce a chiudere la pillola standomi lontana ma ricerca il contatto fisico, si appoggia a me, insinuandosi nei miei pensieri e ricordandomi la sua presenza.
Poi ad un certo punto esce dalla stanza e quando rientra torna ad essere la mia fidanzata: niente più mistress per oggi.