giovedì 19 febbraio 2009

Prove tecniche di sottomissione

Abbiamo giocato in maniera nuova, calcando la mano sull'aspetto della dominazione, sul mio abbandono e sulla sua capacità di prendere il controllo della situazione.
È cominciato tutto in uno scenario domestico molto dolce, di una dolcezza che non ci ha abbandonati in seguito, ma che non solo non ha disturbato, ma ha amplificato forse le emozioni vissute.
È cominciato con il tempo: dalle dieci meno venti alle dieci e venti, per quaranta minuti avremmo giocato la nostra prima "pillola sm", ovvero un tentativo di goderci i nostri incontri con intensità ma senza prenderla troppo sul serio.
Le consegne iniziali sono semplici: devo lavare i piatti e pensare alle mie passate mancanze al calendario (di cui parlerò in futuro). Mentre svolgo le faccende lei è lì seduta, alle mie spalle, che legge e mi osserva sottecchi. Lo sento che mi guarda, potrei giurare che sorride, ed è una sensazione strana, che ha il potere di calmarmi ed eccitarmi insieme.
Finisco e mi scappa pipì (eh, vabbè). Lei non si scompone e mi dà un minuto per la faccenda, sforo di qualche secondo ma senza conseguenze apparenti.
Entriamo poi in camera da letto, e lì mi rendo conto di quanto stia prendendo seriamente la cosa: la vedo concentrata, non saprei dire se tesa, ma sicuramente presente. È forse il segnale che aspettavo: da lì mi lascio andare.

Comincia con una certa affettazione, si fa togliere le scarpe giocando col mio feticismo e stuzzicandolo senza tuttavia lasciare che divenga centrale o che mi distragga. Ha però l'effetto di mettere in moto in miei sensi e farmi sentire, oltre che concentrato, surriscaldato.

Gli schiaffi sono dolci: dovevano essere una punizione, ma un po' per buon cuore, un po' perchè non abbiamo molta esperienza in materia, mi sono preso qualche buffetto. Giusto gli ultimi due cominciavano a farsi sentire.
Eppure non mi hanno lasciato insoddisfatto: mi sentivo a posto, lì in ginocchio, a prendermi le sberle. E l'importante era prenderle, non l'energia cinetica che mi trasmettevano.

Sull'intenso momento del debrufoling glisserei, per pietà del lettore e della mia schiena. (ma perchè voi ragazze avete questa mania?)

E poi le sculacciate, mentre la sentivo addosso e non vedevo altro che i suoi polpacci abbarbicati, ed ancora, la ramanzina tenendomi a cuccia, sento la sua voce dall'alto ma il mio campo visivo è limitato ad un fazzoletto di pavimento ed ai suoi piedi vivi che fanno la ronda intorno a me.

Alla fine mi mette faccia al muro (correggi: all'armadio, per assenza di spazio) e sto qualche minuto solo coi miei pensieri. Ho voglia di piangere.
Ho voglia di piangere perchè sento che quel nodo di nervosismo, stress, paure, incertezze, quella palla di colla che mi porto dietro si sta sciogliendo. O almeno, si sta intaccando.
Ovviamente non piango. È un processo lungo e siamo giusto all'inizio del sentiero. Lei è di una dolcezza traboccante, non riesce a chiudere la pillola standomi lontana ma ricerca il contatto fisico, si appoggia a me, insinuandosi nei miei pensieri e ricordandomi la sua presenza.
Poi ad un certo punto esce dalla stanza e quando rientra torna ad essere la mia fidanzata: niente più mistress per oggi.

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