Credo che il mio desiderio di sottomissione nasca dagli standard - molto alti - che mi impongo. Quando fallisco qualcosa, non do il massimo, o semplicemente violo qualcuna delle regole che mi sono imposto, scatta in me il senso di colpa. Una colpa va espiata o perdonata - la terza opzione è trasformarla in una non-colpa, ma porta un po' fuori tema e non ne parlo qui.
Questa è una dimensione che manca nel mio rapporto con la figlia del fiume, e che sto lentamente cercando di introdurre. Finora le cose hanno un po' faticato a partire perchè, di base, sono regole mie, e quindi ruotano intorno a me: io sono tanto il colpevole che le viola quanto il giudice che nota la trasgressione e la condanna, e lei si trova quasi meccanicamente appioppata la parte del boia ("la parte più eccitante della legge, quella che non protegge").
E lei, lei vuole altri ruoli? Le basta questo? Le piace o è una forzatura?
Francamente, non lo so. Credo non lo sappia neanche lei, è tutto nuovo qui fuori. Vedremo.
Certo è che a volte vorrei essere sgridato, vorrei che le mie colpe mi venissero sbattute in faccia, fatto vergognare, punito e messo in castigo. Il guaio è che dovrebbe essere sincero, non una scena concordata, lei dovrebbe forse anche provare una parte di risentimento, di delusione per il mio comportamento. Ma, di nuovo, questo non può avvenire se sono regole mie, dovrebbe farle sue o impormene di nuove. Lei però è lontanissima dal desiderio di impormi delle regole, in generale viviamo bene nella nostra indipendenza. Ad ora, tutte le strade presentano delle difficoltà. Sono però, come già detto, campi inesplorati. Vedremo.
mercoledì 8 aprile 2009
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